forum fegiz

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pikipoki
CAT_IMG Posted on 24/3/2010, 11:14




Un post pubblicato sul forum di fegiz del corriere della sera, lucida analisi dei nostri tempi "musicali"

Non è un pregiudizio, ma la sensazione è che la continua sfornata di aspiranti cantanti (di supposto successo) che programmi come Amici, XFactor e altro non porterà altro che ad una saturazione di mercato, dove solo chi sarò fresco di trasmissione avrà accesso alle classifiche: tutti gli altri, quelli degli anni precedenti, quelli che in realtà dovrebbero imparare a muoversi con le proprie gambe scivoleranno progressivamente nella mediocrità.
Qualche segnale lo abbiamo visto dalla stessa Giusi Ferreri: concerti deserti, un secondo album ignorato da chi aveva acquistato il primo.
E chi potrà salvare loro?
Fondamentalmente coloro che li hanno creati e supportati.
Finchè quindi la casta di scrittori di brani, arrangiatori e direttori artistici di case discografiche avventuriere (e senza memoria storica), diversamente saranno destinati ad essere accatastati come si fa con le riviste già lette.
Dove sta l'errore, se di errore si deve parlare?
Credo sia nel grossissimo equivoco di considerare artista a pieno titolo un interprete, peraltro spesso solo vocalmente dotato ma privo di... anima.
Ebbene queste sfornate di giovani hanno già in parte soffocato il mercato, abbassato il livello medio della cultura musicale nei giovani, non creato nessun presupposto di sviluppo per gli anni a venire.
Qualcuno obietterà che è una situazione simil anni sessanta, ed è in parte vero.
Ma come si fa a paragonare la società di oggi a quella degli anni sessanta?
Le major non sono fondazioni culturali e il loro interesse è vendere, non importa cosa o come: ma che sia tutto, tanto, e subito. E poi avanti il prossimo!
Chi inizia (metallari e alternativi compresi) sembra aspiri solo al successo, e non certo ad imparare un mestiere che è solo un errore improvvisare.
Davanti a questa situazione è davvero difficile appassionarsi a qualcosa, perchè tutto sembra un deja-vu, ed ecco quindi la corsa ai beni rassicuranti: Pausini, Vasco Rossi, Ligabue e company, tutti artisti che nella ripetizione di sè stessi svelano l'origine del loro successo.
E in tutto questo una televisione che non crea cultura, una classe di giornalisti musicali la cui presenza è più negativa che altro, le radio che pigramente vanno incontro ai gusti di un pubblico sempre più amorfo e piatto.
E forse è vero che nei momenti di crisi economica la musica è la prima a risentirne.
Peccato perchè rimane una forma di comunicazione unica, trasversale, che in altri periodi ha davvero rappresentato qualcosa d'importante.
 
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